La vera storia di Anna Politkovskaja. Chi è Anna?.

Chi era Anna Politkovskaja, la reporter russa che osò denunciare il regime di Vladimir Putin, gli eccidi della guerra in Cecenia e gli orrori perpetrati da Ramzan Kadyrov?

Per scrivere il mio romanzo Anna Politkovskaja. Reporter per amore edito da Morellini ho studiato la sua vita. Letto i libri che ha scritto e che su di lei sono stati scritti. Ho intervistato le persone che le sono state vicine: la sorella Elena, l’amica Nadia, l’inviata Stella Pende… Poi, intorno alla sua biografia, ho costruito una cornice narrativa che ha reso più accattivante la sua biografia, già però molto avvincente.

A seguire, un capitolo alla volta, ecco la biografia, completa e approfondita, di Anna Politkovskaja, la grande reporter russa che, fino all’ultimo, fu una spina nel fianco per Vladimir Putin, Ramzan Kadyrov e tutti i soldati russi che, in Cecenia, si macchiarono di reati gravissimi.

Questa è la settima puntata. La sesta è: L’amore non è un lusso per reporter

Chi è Anna?

“Sono solo una persona che descrive ciò che accade a chi non può vederlo”

Algida. Appassionata. Severa. Generosa. Bella. Trascurata. Fredda. Carismatica. Instancabile. Snob. Fanatica. Empatica. Pazza. Affascinante. Sconsiderata. Coraggiosa. Fredda. Eclettica. Intransigente. Altruista. Iraconda. Dolce…

Queste sono solo alcune delle tante definizioni diverse (spesso, agli antipodi) che, leggendo e intervistando persone che l’hanno conosciuta, abbiamo ascoltato e letto su Anna.

Come madre, così la descrive la figlia Vera: “Era una mamma stupenda. Certo, abbiamo avuto le nostre incomprensioni. Ma posso dire che lei ha fatto moltissimo per me e io le devo essere molto grata”.

La vera storia di Anna Politkovskaja. Con figli
Anna con i figli Vera e Ilya

“Sognava una vita normale e un amore romantico. Nessuna delle due cose si è realizzata, ma lei ci ha sperato fino all’ultimo. Era una donna che, nella scia della tradizione russa, faceva sempre del proprio meglio ed era pronta a sacrificarsi per la libertà e un futuro migliore. Questo era il suo carattere” spiega la collega Nadia Azhgikhina.

Racconta Nicola Nobili, l’interprete che l’ha tradotta a Mantova nel 2005: “Non era stato possibile incontrarsi prima dell’evento. Mi avevano detto che era un po’ nervosa e che non le andava mai bene niente. Lo ammetto: la prima impressione è stata un po’ sgradevole. Quando ci siamo presentati, ha accennato un mezzo sorriso; la mano me l’ha stretta appena. Ho pensato che fosse una snob che se la tirava”.

Questa era la primissima immagine che dava di sé, specie negli ultimi anni, quando le continue minacce, sempre più circostanziate, e i rischi, sempre più concreti, l’avevano resa prudente e diffidente fin quasi a diventare maniacale. “Ricordo che il giorno della partenza, alle sei e due minuti del mattino, chiamò allarmata gli organizzatori del Festivaletteratura, peraltro svegliandoli, perché il suo taxi era in ritardo. Di soli due minuti, appunto” prosegue Nobili.

Su Facebook, abbiamo raggiunto Tanya Lokshina, giornalista e scrittrice russa, nonché attivista per i diritti umani. Spiega così come ha conosciuto la Politkovskaja: “Siamo entrate in contatto a partire dal 2000: la comunità di giornalisti e difensori dei diritti umani che lavorava sulla Cecenia non era poi così numerosa. Quindi, praticamente, ci conoscevamo tutti”.

Richiesta di esprimersi su Anna, scrive: “Era, prima di tutto, una ricercatrice di verità e giustizia. Era una persona molto determinata, correva grandi rischi personali e si aspettava che anche gli altri se li assumessero. Allergica al compromesso, non era una persona facile con cui lavorare. Ma era sicuramente ammirevole nel suo coraggio e determinazione”. Ci ha stupito, poi, ciò che Tanya ha voluto precisare: “Per favore, notate che io e Anna non eravamo amiche. L’ho conosciuta per motivi professionali. Abbiamo collaborato in alcuni casi, scambiato informazioni, ci siamo incontrate in occasione di alcuni eventi. Questo era il nostro tipo di rapporto”.

Non è strano che Tanya ci tenga a precisare che lei e Anna non erano amiche?

Lo puntualizza anche il regista svizzero Eric Bergkraut, che le ha dedicato il film documentario Letter to Anna. La storia dell’omicidio di Anna Politkovskaja: “L’ho incontrata quattro volte. Non eravamo amici. L’ho trovata una persona molto eclettica. Dava l’impressione di essere molto scrupolosa e severa. A volte esplodeva in scatti di rabbia e in quei momenti poteva essere anche ingiusta”.

La Politkovskaja ce l’ha raccontata anche un altro giornalista russo, Denis Bilunov: “L’ho incontrata un paio di volte. L’ultima nel 2006, al forum ‘L’altra Russia’, dove lei era fra gli speaker. Fuori dal palcoscenico non sembrava una persona carismatica. Ma quando è salita sul palco, si è trasformata e ha fatto un discorso appassionante”.

Nicola Nobili confida un’esperienza in qualche modo simile: “Quando la signora Politkovskaja ha iniziato a parlare è cambiato tutto. Raccontava episodi angoscianti della guerra in Cecenia, ma lo faceva con una tale passione e un tale trasporto che ha conquistato tutti”.

Passione e trasporto, due parole chiave per capire Anna donna e Anna giornalista che, da un certo punto in poi, sono diventate la stessa cosa. Il che, naturalmente, non è necessariamente un bene.

Nella redazione della Novaja Gazeta, la porta dell’ufficio di Anna era sempre aperta per chi era in difficoltà, i profughi, i ceceni vittime di abusi, le persone che avevano perduto un loro caro. Lei accoglieva e ascoltava tutti.

Aveva una voce dolcissima. “Che cosa posso fare per aiutarti?” chiedeva a chi la andava a trovare.

Leggeva tutte le email dei profughi, faceva parte di tutti i comitati. “Per molti di loro, lei rappresentava l’ultima speranza” ha confidato il suo caporedattore Dmitry Muratov, premio Nobel per la pace 2021. Lei era dentro ciò che raccontava, se ne sentiva parte integrante.

La vera storia di Anna Politkovskaja. Dmitry Muratov

Ci conferma tutto Stella Pende, inviata in mezzo mondo: “Ho incontrato Anna Politkovskaja a Mosca, a fine 2005. Mi accompagnava un mio, e suo, carissimo amico, Andrej Mironov, grande intellettuale e giornalista russo, purtroppo poi ucciso in Ucraina. Ero emozionata, di più, commossa, alla prospettiva di incontrare questa donna senza paura, che sfidava da anni la brutalità di Putin e del suo regime”.

Teatro del loro incontro è proprio la redazione della Novaja Gazeta. Continua Stella: “Siamo stati subito inghiottiti da una folla di gente. Uomini dalle mani ruvide, donne pallide fasciate da veli e palandrane, bimbi soli”.

“Ma chi sono?” domanda Stella ad Andrej.

“Gente che aspetta Anna” le risponde lui.

“Ma non è possibile: finirà di vederli a mezzanotte!”

“Se è per questo anche alle due della mattina. Certe volte, Anna dorme qui su una poltrona, perché tornare a casa non le conviene. Lei vuole incontrare tutti e cercare una soluzione ai loro problemi” spiega Andrej.

Racconta Stella: “Si, risolvere i problemi. Quelli di uomini innocenti torturati in carcere che non trovavano uno straccio di avvocato a sostenerli. Quelli di donne vedove di mariti evaporati nel nulla e ritrovati cadaveri in un fiume o in mezzo alla strada. Di figli orfani. Dopo due ore di attesa, una piccola donna con gli occhiali ha attraversato a fatica quel mare di gente. Avvicinandosi, sorrideva ad Andrej sventolando una mano bianca. ‘Perdonatemi, ma ho appena lasciato una donna, la zia di otto bambini. Bambini a cui hanno ucciso il padre e la cui madre è impazzita di dolore. Per questa notte dormiranno qui. Domani è un altro giorno”.

Spiega il marito Alexander: “Anna non riusciva a passare accanto alla sofferenza altrui e girarsi dall’altra parte. Così, chi non aveva più speranza di trovare giustizia finiva da lei, che trovava altre storie, altre notizie”.

Anna Raffetto: “Non si metteva mai in posa, aveva una grande sobrietà, faceva cose grandiose e le raccontava come se non ne fosse stata protagonista. Le vicende che raccontava erano talmente terribili che non restava che narrarle senza esaltazione. Aveva pudore di ciò che doveva dire, ciò di cui doveva parlare. Nei suoi racconti, prima c’era chi aveva sofferto e solo dopo c’era lei”.

Contribuisce a chiarire il quadro anche il regista Bergkraut: “L’ho sempre considerata una persona molto prudente e raffinata. Mi intrigavano i contrasti di questa donna, così colta, bella, distinta ed elegante, il suo straordinario coraggio e la sua intransigente ricerca della verità”.

Così ha scritto di lei, per La Stampa, la giornalista e attivista Anna Zafesova: “Di certo non aveva fatto le scuole di giornalismo anglosassone. I suoi articoli non erano mai ‘obiettivamente’ distaccati. Avevano, invece, un tono furente di denuncia e indignazione, pieni di punti esclamativi, da dare quasi fastidio a un lettore che non ha vissuto quella realtà di atrocità primordiale, che non ha visto togliersi giorno dopo giorno un pezzo di libertà, di giustizia, di vita. Anna attingeva semmai a una certa tradizione della letteratura russa ottocentesca, o dell’intellighenzia sovietica degli anni del ‘disgelo’, per la quale la parola ‘morale’ non era ancora imbarazzante”.

Era anche una donna colta, contemplativa, che amava leggere. Tolstoj e Dostoevskij erano i suoi scrittori preferiti.

La vera storia di Anna Politkovskaja. Anna sorridente

Il suo stile era ben preciso, personale. Voce calda, tono pacato, che si accendeva quando si calava nelle storie che raccontava, storie di cui si sentiva partecipe e non solo testimone. Sapeva raccontarle, queste storie, accompagnandole con espressioni del volto e gestualità. Quando si appassionava, e succedeva spesso, perdeva tutto il suo aplomb.

Ma era anche generosa e sempre pronta a fare il bene degli altri. Racconta i marito: “Un esempio del suo carattere: all’epoca di Vzgljad feci un servizio sul centro ematologico di Minsk, che era in condizioni disastrose. Con quel reportage e una colletta tra i telespettatori raccogliemmo un sacco di soldi, che girammo al centro. Anna in seguito pretese che io tornassi ogni anno a Minsk per controllare che i soldi fossero spesi bene”.

Ma Anna era in grado di fare un passo ulteriore. “Spesso sentiamo che lei ha pietà per i carnefici, perché sono persone frantumate, disgraziate, che hanno a loro volta destini difficili. Quando si trovava davanti persone con le mani insanguinate, cercava di comprendere la loro motivazione profonda. Era, allo stesso tempo, pubblico ministero e avvocato difensore di questi torturatori” ha confidato a Igort Galina Ackerman, amica e traduttrice di Anna in Francia.

Era una donna libera, indipendente, che non accettava limitazioni, paletti, diktat. Non si piegava al potere, alle convenzioni. Era esigente con se stessa così come con gli altri. Perciò poteva non piacere. Poteva risultare distaccata, fredda, intransigente. In realtà era una persona schiva, a tratti anche timida, schiacciata sotto il peso delle enormità che si era trovata a denunciare. Della missione di cui si era fatta carico: quella di rivelare una verità scomoda. Una verità che, come vedremo più avanti, nessuno voleva ascoltare.

Cambio di prospettiva. Indaghiamo ora un altro aspetto. Anzi, l’aspetto. Il suo. Non sembri frivolo l’affrontare questa questione. Non è secondario l’aspetto fisico di Anna né è secondario il suo essere donna in un Paese (e in un momento storico) in cui un suo intervistato (vedremo più avanti di chi si tratta) si permise di dire: “Una donna? Avrebbe dovuto restare a casa in cucina!”

Lo stesso Paese e lo stesso momento storico in cui il fatto che una moglie diventasse più famosa del marito suonò strano ai più. Probabilmente anche al marito stesso. Non è escluso, ma forse si tratta solo di una malignità, che proprio questa circostanza sia stato uno dei motivi che ha portato alla fine del matrimonio di Anna e Sasha.

“Sono convinto che Anna disturbasse il potere pure in quanto donna. Creava una ulteriore distonia, capace di rendere ancora più debole l’esercizio autoritario della forza che spesso, e non parlo solo di Russia o Cecenia, realizza danni giganteschi, irreparabili” è la riflessione del deputato al Parlamento europeo Pierfrancesco Majorino.

Ma torniamo all’aspetto fisico. Anna è stata una bambina molto bella: bionda e paffuta come la sorella. Ma già da ragazzina ha dovuto fare i conti con un paio di questioncelle: un naso importante e una sorella bella.

Elena, maggiore di lei di un anno e mezzo, è ancora oggi (che ha 65 anni) una bellissima donna: bionda, occhi verdi, zigomi alti, bocca ben disegnata (e ben truccata). Ce la immaginiamo ventenne, trentenne: un modello irraggiungibile. Per una donna, avere una sorella bella può essere un problema di non poco conto.

La vera storia di Anna Politkovskaja. La sorella Elena Kudimova

Da ragazzina, Anna è decisamente bruttina. A vent’anni, è una ragazza fisicamente anonima. È forse schiacciata dal matrimonio e dalla doppia maternità. Non dubitiamo che abbia desiderato con tutta se stessa sposare Alexander e mettere al mondo Ilya e Vera. Me pensiamo anche che questi legami (e queste responsabilità) siano stati, forse, un po’ troppo precoci.

Qualche anno dopo, la ritroviamo donna e professionista affermata. I suoi capelli sono scuri, molto scuri, quasi che con questo dettaglio estetico lei voglia sottolineare la sua forza, aiutare la sua personalità a emergere. Darsi carattere.

Ma la luce che cerca, non deve venire da fuori, bensì da dentro.

Negli anni Duemila, Anna smette di tingersi i capelli. Gesto rivoluzionario, in quei tempi a Mosca. Ed è allora che Anna, oltre a essere la persona stimabile e unica per tutti i motivi che abbiamo scoperto fin qui, diventa anche bella.

I capelli grigi, lisci, nei vari tagli che negli anni alternerà (da corti a lunghi, con o senza frangia, legati o sciolti sulle spalle), incorniciano un viso, sempre poco truccato, ma sempre più bello.

 

Roberto Saviano ci ha regalato questa riflessione: “Io immagino il corpo come un sudario, un lenzuolo, che con gli anni aderisce sempre di più all’anima che c’è sotto. Quando si mette sul corpo ne prende il disegno: ossa, tratti. Poi fuoriesce sempre di più l’anima, finché emerge il disegno della propria interiorità. E secondo me, anche esteticamente, Anna era questo”.

Fa eco la sua traduttrice Anna Raffetto: “È stata descritta come austera, severa. I suoi capelli grigi sono stati criticati. Invece era alta, slanciata, con un viso asciutto e aristocratico che rifletteva l’aristocrazia del suo animo”.

Certo Anna non è tipo da far girare gli uomini per strada. Ma ha una sua grazia, una sua leggiadria. Uno stile personale, anche nel vestire e negli accessori. Nelle foto che possiamo vedere di lei, impariamo a familiarizzare con il morbido maglione rosso a coste con il collo alto, l’elegante camicia bianca, la maglia bianca a righe nere orizzontali. E poi i tailleur semplici ma eleganti abbinati con le decolleté con il mezzo tacco, che valorizzavano le sue gambe magre e la sua figura sottile. E poi vediamo e rivediamo quei suoi orecchini pendenti, così particolari: tre cuori, uno dopo l’altro, forse in argento, abbinati (qualche volta) con la collana coordinata. Due anelli alla mano sinistra, uno alla mano destra. Gli occhiali: ovali, in metallo.

La vera storia di Anna Politkovskaja. Ritratto

Racconta un collega (che non nasconde di aver avuto un debole per lei): “Era dura, attraente, interessante, spiritosa, sorridente, umana, forte, incorruttibile”.

Non sorride spesso, Anna, ma quando lo fa le vengono delle fossette sulla guancia sinistra.

La vera storia di Anna Politkovskaja. Risata

Non era bella come la sorella, né tanto meno vistosa. Poteva passare inosservata, quando voleva.

La sua serietà non è solo il suo cipiglio, i suoi occhiali severi e la testa piena di capelli grigi. È la tensione, la rabbia e l’impazienza in tutto il suo corpo, che rendono chiaro che il suo senso della continua ingiustizia perpetrata nella sua terra non la lascia mai. Anna Politkovskaja era una creatura rara, con un coraggio fisico e morale da lasciare a bocca aperta. E, come tutti gli eroi, aveva una modestia e un umorismo sorprendenti. Una tipa magra, nervosa, con i lineamenti tirati e l’abitudine a bere grandi tazze di caffè americano. Immaginatevi un passo sicuro, un viso d’angelo, uno sguardo luminoso, risate contagiose” è il ritratto della Raffetto. Un aspetto esteriore che rispecchia la profondità del suo animo.

La vera storia di Anna Politkovskaja. Espressione pensosa

Ma, nonostante il suo rigore e le sue priorità, era capace anche di piccoli gesti di vanità. Una volta viene arrestata e quasi uccisa (lo vedremo più avanti). E racconta: “Mi avevano lasciato solo il burro cacao e poi un soldato mi ha rotto pure quel tubetto”.

È attenta ai dettagli. Il 27 maggio del 2002 partecipa a un incontro con il presidente americano George W. Bush, a Mosca alla firma del Trattato di Mosca, per ridurre le armi nucleari. Dopo due ore, l’ospite d’onore finalmente arriva. E lei lo descrive così: “Rilassato, sorridente, rubizzo. Si accascia sulla sedia, assume la posa del capo della maggiore superpotenza mondiale e accavalla beatamente le gambe (grazie Laura: calzini lunghi!)”.

Durante il suo soggiorno parigino nel maggio del 2000, annota: “Come si vestono le francesi? Bastano una decina di minuti in Place de la Madeleine – ferma, lì, o aggirandomi tra la folla – per capire che non c’è risposta alla mia domanda. Perché a Parigi, è questo il punto, le donne si vestono come vogliono (e gli uomini fanno altrettanto). E pensano come più loro aggrada. E si truccano secondo l’estro del mattino. È questa, la libertà. La libertà vera. Vivi come più ti piace”.

A raccontare più l’Anna donna che l’Anna reporter è il documentario A bitter taste of freedom del 2011. Qui la regista Marina Goldovskaya ci mostra Anna nella sua quotidianità e in casa sua, che ride e scherza. Ce la fa vedere madre, mentre i due figli si organizzano il programma del weekend. Anna che ironizza su di sé e prende con leggerezza ciò che le accade. E ci regala anche un piccolo, dolce scoop.

È il 2001, quando Anna rivela: “Sono appena tornata dalla Norvegia, dove mi sono innamorata. Per tutto il viaggio di ritorno, ho sognato un futuro possibile per noi. Amore a prima vista, come non avrei mai creduto possibile. In tutta la mia vita, non mi sono mai sentita bene come adesso. E non mi importa neanche quanto sia terribile andare in Cecenia. Mi sento ispirata e non più gravata da mille pensieri”.

Ma in Norvegia Anna ha davvero trovato l’amore o la sua era solo una battuta? Lo abbiamo chiesto alla sua amica Nadia Azhgikhina. “Sì, in Norvegia Anna ha avuto una storia. È stata bella e drammatica allo stesso tempo. Lei era felice, dopo i tanti anni di un matrimonio infelice e la rottura con Sasha” conferma lei. Ma altro, per discrezione, non aggiunge.

Di certo, nel video, mentre Anna parla, i suoi occhi si accendono e il suo volto si illumina.

 

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